Federico Lombardo
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.I ritratti digitali di Federico Lombardo, ispirati al modello rinascimentale, sono nuove icone di bellezza ideale fortemente caratterizzate...... queste immagini tecnologiche sono il concreto risultato del concetto di iperrealtà, espresso da Jean Baudrillard, come " un reale che non ha né origini né realtà". Alieni e alienanti, destabilizzano la stessa nozione di realtà, la quale subisce il pericolo di perdere attendibilità e non essere più creduta. Lombardo usa gli strumenti del suo tempo per analizzare i cambiamenti delle recenti forme di rappresentazione dovuti all'evoluzione digitale, attirando lo spettatore con il richiamo e la simulazione della pittura e della fotografia. Le sue opere sono un perfetto esempio di seduzione trasgressiva, dovuto all'immediato legame sensoriale con la pittura che esiste dietro l'artificiosità della rappresentazione. Innanzi tutto sono ritratti virtuali di una condizione esistenziale, liberi da ogni decorativismo e da riferimenti culturali che potrebbero collocarli in una precisa epoca. Splendidi e inquietanti proiettano un'umanità presumibilmente sostituita da una copia più perfetta dell'originale, per apparire come il risultato di una memoria che potrà essere. immagini sempre più convincenti si allontanano dalla rappresentazione tradizionale dove prevaleva il concetto di storia, per lasciar spazio alla simulazione assunta a riorganizzare la stessa rappresentazione basata sulle regole e leggi del passato. In questo caso l'artista ha prodotto con molta lucidità un tipo di arte che mette in discussione l'arte."
Nikla Cincolani




ri/tratti attraverso lo specchio
“l’uomo è meno se stesso quando parla in prima persona. dategli una maschera e vi dirà la verità”Oscar Wilde
“​Se non lo stesso disegnatore, è il disegno a essere cieco". Questo tema paradossale, per non dire provocatorio, è stato lanciato dal filosofo Jacques Derrida negli anni Novanta. Non si tratta di presentare direttamente il disegnatore e, l’artista visuale in genere, come un cieco, ma di riflettere su ciò che ha potuto portare il disegnatore a interessarsi alla vista, e questo va da sé, ma anche alle mani. Interessandosi all’occhio e alla mano, dunque il gesto, il disegnatore è già nella situazione della riflessione speculare. Coglie se stesso come un possibile cieco, qualcuno che cammina con la mano, se si può dire così, che lavora con la mano. Tale interesse del disegnatore per lo sguardo conduce alla questione del ritratto, vale a dire dell’artista che cerca di sorprendersi mentre disegna, dipinge, fotografa se stesso o un possibile modello. La direzione dello sguardo, la posizione del volto, ci danno tuttavia degli indizi che lasciano supporre la presenza dello specchio. Nel ritratto, e ancora di più nell’autoritratto, l’artista visuale assegna allo spettatore il posto dello specchio. Acceca se stesso, maschera il suo specchio consegnandosi allo sguardo dell’altro e installando l’altro al posto dello specchio.
Pur seguendo un modello, nel momento in cui crea, l’artista avanza nel buio perché la produzione artistica avanza nell’invisibilità. D’altra parte, il tratto è esso stesso invisibile.


Il tratto è ciò che separa, che sceglie; è l’intervallo e, in quanto tale, non è visibile. L’esperienza della creazione è la prova, per antonomasia, di tale invisibilità nella misura in cui il disegnatore e l’artista visuale in genere, viene presentato frequentemente come colui che vede.
Secondo questa premessa, capiamo cosa e come Federico Lombardo e Massimiliano Mirabella ritraggano se stessi o l’altro.
Federico Lombardo sceglie il soggetto da ritrarre in base alla sua sensibilità, attraverso un’accurata ricerca di un’idea di bellezza che sia assoluta e trascendente, arrivando ad una sospensione ossessiva dei personaggi che ritrae: creature angelicate posizionate ai confini di una dimensione che lo spettatore non percepisce immediatamente. Lo sguardo dei suoi personaggi, infatti, ‘buca’ la percezione dello spettatore rompendo lo specchio derridiano. La scelta del mezzo busto nasce dalla scultura romana, lo sfondo scuro su cui sembrano sospese queste creature, rimanda al Quattrocento italiano e l’illuminazione morbida, a Rembrandt. E’ il supporto, però, che rompe con la tradizione. Federico Lombardo mette in discussione un intero sistema, perché anche se lavora con la mano, cammina con la mano per riprendere Derrida appunto, dipinge non su tela ma su di una tavoletta grafica attraverso il monitor di un computer, utilizzando colori e pennelli digital. Non è da escludere i suoi ritratti rimangano sospesi all’interno di uno schermo ultrapiatto. Qual è, dunque, il rapporto tra l’umano e il digitale in Federico Lombardo? Il collegamento tra queste due dimensioni sta nel disegno. Lui non abbandona il disegno, come neppure la percezione del colore. Nei ritratti di Federico Lombardo immagini umane sfociano impercettibilmente in imitazioni dell’essere: tra le molte figure androgine, potremmo, di certo, rivelarne un autoritratto androide.



Federica de Stasio



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